Era tanto tempo che Barbara d’Urso e il suo Pomeriggio Cinque non si avvicinavano ai 2 milioni di spettatori. E’ successo ieri, nel segmento che ha ospitato la madre e la zia del bambino di Cittadella (Padova), quello del video shock che veniva portato via dalla scuola da polizia e servizi sociali, trascinato e trattato come un delinquente. Il video, trasmesso per la prima volta mercoledì sera da Chi l’ha visto?, ha fatto il giro non solo del web, ma anche di tutti i canali televisivi, indignando sia la gente comune che gli “addetti ai lavori”, dalle forze di polizia agli psichiatri.
Spesso Barbara d’Urso viene criticata – solamente un paio di giorni fa ha imbarazzato l’Italia intera intervistando il nuotatore Camille Lacourt -, ma ieri ha offerto un buon servizio, ospitando la madre e la zia del bambino (quest’ultima ha girato il video diffuso da Chi l’ha visto? e ripreso da tutti), che hanno dato la loro versione dei fatti e hanno spiegato dettagli del provvedimento che non erano stati ancora resi noti. Ma ha anche dato voce al padre del ragazzino, intervistato a Cittadella, che ha ovviamente raccontato alcuni particolari differenti.
Non solo. Tramite l’amica Alessandra Mussolini, per una volta utile in quanto Presidente della Commissione Parlamentare per l’Infanzia, la d’Urso è riuscita a mantenere una promessa fatta telefonicamente alla madre del piccolo, ossia riuscire ad avere notizie dalla casa-famiglia che attualmente lo ospita (nella quale però il padre ha dichiarato di essere stato, mentre alla madre è negato l’accesso).
Madre e zia del bambino saranno presenti anche oggi in trasmissione, a raccontare gli sviluppi della vicenda e a sentire cosa la Mussolini è riuscita a fare per loro.
Non spetta sicuramente a noi dare giudizi sulla questione, che ci limitiamo a riportarvi così come raccontata dai protagonisti (chi non avesse ancora visto il video, può trovarlo ad esempio qui). Non si può però negare come casi simili accadano troppo spesso e che parlarne sia doveroso e sia un diritto, forse addirittura una forma di “protezione”, per i bambini che si troveranno in futuro in situazioni analoghe a causa della separazione dei propri genitori e del mancato accordo sulla custodia.