Chiudete gli occhi e provate a pensare ai peggiori stereotipi sugli americani. Quelli che vengono in mente al sottoscritto riguardano persone in sovrappeso, arricchite e pure un po’ ignoranti: non che ovviamente siano tutte così, ci mancherebbe, ma Affari al buio riesce a condensare molte di queste immagini di fronte agli occhi dei telespettatori. Due grossi quesiti mi sono sorti guardandolo: esistono davvero persone così? Perché spendere soldi per produrre un programma del genere?
Il format, già trasmesso su History Channel e ora su Cielo, parla di 4 appassionati di aste, Jarrod, Dave, Darrel e Barry e delle loro vite da accumulatori di cianfrusaglie: lo scopo della loro attività è quello di accaparrarsi box e lotti abbandonati affidandosi esclusivamente al loro istinto (hanno infatti solo 5 minuti per sbirciare all’interno di alcuni squallidi magazzini) per scovare l’offerta del secolo. Il programma si sviluppa in maniera assolutamente monotona e priva di qualunque interesse: i protagonisti che cercano di capire come fare affari, l’asta vera e propria e infine la valutazione dei profitti da parte dei vincitori con conseguente rivendita dell’eventuale “tesoro” . Fra una chincaglieria e l’altra qualcosa di valore in effetti si trova: da una preziosa collezione di figurine ai cimeli di un ex rapper (per la precisione Suge Knight, che per chi non lo sapesse non era propriamente uno stinco di santo), passando per schizzi originali di Picasso, macchine e orologi d’epoca etc.
Quello che colpisce maggiormente di Affari al buio non è tanto l’inutilità in sé della trasmissione o il pessimo montaggio (il passaggio da una location all’altra tramite il portone di un box che si apre è un pugno in un occhio): il vero problema è che esso mette in luce le esagerazioni di una cultura, quella americana, fatta di sprechi, di accumulo insensato di oggetti e di quel rischioso ottimismo ben rappresentato dal più buzzurro dei 4 compratori, Darrel, che da navigato economista si sente in dovere di affermare che -tanto l’oro e l’argento vanno sempre su-. Peccato che è anche per colpa di questo tipo di mentalità se gli Stati Uniti ci hanno trascinato nella peggior crisi economica dagli anni venti.
In breve, Affari al buio è un programma estremamente noioso e inutile, che non fa ridere, non fa piangere, non fa pensare, niente di niente. L’unico motivo di interesse potrebbe forse essere la grottesca somiglianza di Berry, il collezionista, con il nostro adorato Flavio Briatore, che fino a poco tempo fa allietava questo canale. Flavio ci manchi.