La notizia televisiva del giorno ci porta ancora una volta in Rai, quella Rai che questa settimana, tra l’addio di Amadeus, la sospensione di Forte e Chiara e le polemiche per la puntata di Porta a Porta con sette uomini a parlare di aborto, ha avuto non pochi problemi. Oggi, invece, tocca alla presunta censura di Antonio Scurati a Che sarà.
Cosa è successo? Lo scrittore era stato annunciato nel comunicato stampa diramato dalla Rai tra gli ospiti della puntata di questa sera, sabato 20 aprile 2024, del programma in access prime time di Raitre condotto da Serena Bortone.
Proprio la giornalista, sabato mattina, ha però pubblicato un post sui social annunciato che la sua ospitata era stata annullata, a sua insaputa:
“Ho appreso ieri sera, con sgomento, e per puro caso, che il contratto di Scurati era stato annullato. Non sono riuscita ad ottenere spiegazioni plausibili. Ma devo prima di tutto a Scurati, con cui ovviamente ho appena parlato al telefono, e a voi telespettatori la spiegazione del perché stasera non vedranno lo scrittore in onda sul mio programma su Raitre. Il problema è che questa spiegazione non sono riuscita a ottenerla nemmeno io”.
Subito la parola “censura” ha fatto il giro del web. Secondo alcune fonti riportate dal Corriere della Sera, lo scrittore avrebbe dovuto leggere un monologo sul 25 aprile, Festa della Liberazione. Secondo i dirigenti Rai, però, questo testo sarebbe stato troppo schierato durante un momento di campagna elettorale. Scurati avrebbe ricevuto la proposta di esibirsi con quel monologo ma a titolo gratuito, cosa che avrebbe rifiutato.
In mattinata è uscita anche una nota del direttore dell’Approfondimento Rai, Paolo Corsini:
“Nessuna censura. La partecipazione dello scrittore Antonio Scurati alla trasmissione Che sarà, non è mai stata messa in discussione, come dimostrano i comunicati stampa e gli elenchi ospiti ad uso interno. Credo sia opportuno non confondere aspetti editoriali con quelli di natura economica e contrattuale, sui quali sono in corso accertamenti a causa di cifre più elevate di quelle previste e altri aspetti promozionali da chiarire connessi al rapporto tra lo scrittore e altri editori concorrenti. Al di là di queste mere questioni burocratiche, la possibilità per Scurati di venire in trasmissione non è mai stata messa in discussione. Nessuna censura.”
Sarà stata veramente una questione di soldi e contratti o c’è dell’altro? Intanto, la politica ne ha approfittato per cavalcare il caso. Il Pd parla di “censura”, mentre il Movimento 5 Stelle chiede chiarimenti. Anche Usigrai, il sindacato dei giornalisti Rai, ha detto la sua:
“Dalla direzione approfondimenti che ha buttato oltre sei milioni euro su un progetto fallimentare come Avanti Popolo e ha tagliato le repliche di Report che invece sono a costo zero, le motivazioni economiche per escludere Scurati sono chiaramente delle scuse per nascondere la verità che è una sola: si voleva silenziare Scurati e il suo monologo sul 25 Aprile. Altre narrazioni sono solo dei diversivi per nascondere un sistema di controllo asfissiante che sta danneggiando la Rai, i suoi dipendenti e tutti i cittadini”.
Il caso, ormai, è scoppiato: per la Rai l’ennesima gatta da pelare, in un momento in cui la tv di Stato sta affrontando non poche polemiche, sia sul fronte degli ascolti che di alcune decisioni prese.
Il testo che avrebbe dovuto leggere Antonio Scurati a Che Sarà
La Repubblica ha pubblicato il testo integrale che lo scrittore aveva preparato per il programma:
“Giacomo Matteotti fu assassinato da sicari fascisti il 10 di giugno del 1924. Lo attesero sottocasa in cinque, tutti squadristi venuti da Milano, professionisti della violenza assoldati dai più stretti collaboratori di Benito Mussolini. L’onorevole Matteotti, il segretario del Partito Socialista Unitario, l’ultimo che in Parlamento ancora si opponeva a viso aperto alla dittatura fascista, fu sequestrato in pieno centro di Roma, in pieno giorno, alla luce del sole. Si batté fino all’ultimo, come lottato aveva per tutta la vita. Lo pugnalarono a morte, poi ne scempiarono il cadavere. Lo piegarono su se stesso per poterlo ficcare dentro una fossa scavata malamente con una lima da fabbro. Mussolini fu immediatamente informato. Oltre che del delitto, si macchiò dell’infamia di giurare alla vedova che avrebbe fatto tutto il possibile per riportarle il marito. Mentre giurava, il Duce del fascismo teneva i documenti insanguinati della vittima nel cassetto della sua scrivania. In questa nostra falsa primavera, però, non si commemora soltanto l’omicidio politico di Matteotti; si commemorano anche le stragi nazifasciste perpetrate dalle SS tedesche, con la complicità e la collaborazione dei fascisti italiani, nel 1944. Fosse Ardeatine, Sant’Anna di Stazzema, Marzabotto. Sono soltanto alcuni dei luoghi nei quali i demoniaci alleati di Mussolini massacrarono a sangue freddo migliaia di inermi civili italiani. Tra di essi centinaia di bambini e perfino di infanti. Molti furono addirittura arsi vivi, alcuni decapitati. Queste due concomitanti ricorrenze luttuose – primavera del ’24, primavera del ’44 – proclamano che il fascismo è stato lungo tutta la sua esistenza storica – non soltanto alla fine o occasionalmente – un irredimibile fenomeno di sistematica violenza politica omicida e stragista. Lo riconosceranno, una buona volta, gli eredi di quella storia? Tutto, purtroppo, lascia pensare che non sarà così. Il gruppo dirigente post-fascista, vinte le elezioni nell’ottobre del 2022, aveva davanti a sé due strade: ripudiare il suo passato neo-fascista oppure cercare di riscrivere la storia. Ha indubbiamente imboccato la seconda via. Dopo aver evitato l’argomento in campagna elettorale la Presidente del Consiglio, quando costretta ad affrontarlo dagli anniversari storici, si è pervicacemente attenuta alla linea ideologica della sua cultura neofascista di provenienza: ha preso le distanze dalle efferatezze indifendibili perpetrate dal regime (la persecuzione degli ebrei) senza mai ripudiare nel suo insieme l’esperienza fascista, ha scaricato sui soli nazisti le stragi compiute con la complicità dei fascisti repubblichini, infine ha disconosciuto il ruolo fondamentale della Resistenza nella rinascita italiana (fino al punto di non nominare mai la parola “antifascismo” in occasione del 25 aprile 2023). Mentre vi parlo, siamo di nuovo alla vigilia dell’anniversario della Liberazione dal nazifascismo. La parola che la Presidente del Consiglio si rifiutò di pronunciare palpiterà ancora sulle labbra riconoscenti di tutti i sinceri democratici, siano essi di sinistra, di centro o di destra. Finché quella parola – antifascismo – non sarà pronunciata da chi ci governa, lo spettro del fascismo continuerà a infestare la casa della democrazia italiana”.