La puntata de Il Testimone di questa sera è stata decisamente molto fuori dagli schemi: Pif e la sua fedele telecamera hanno infatti raccontato le storie di tre transessuali che, al contrario di quello che potreste pensare, non sono sudamericani, non si prostituiscono e non sbandierano la loro vita al limite della legalità (vi prego, ditemi che avete capito a quale programma sto lanciando questa frecciatina). I protagonisti di questo sesto episodio, al contrario, sono stati tre ragazzi normalissimi, nati in un corpo di donna nel quale non si riconoscevano.
Ecco dunque raccontate le vite di Giulio, bassanese trapiantato a Bologna, e di Christian, amici transessuali che ogni giorno devono affrontare le piccole e grandi sfide legate alla società e allo Stato italiano, come i documenti che riportano ancora i loro dati al femminile oppure le banche, che non si fidano di un intestatario femminile che risponde al telefono con voce maschile. E non è certo tutto: Christian sottolinea, giustamente, la fatica di dover vivere in un paese dove
viene dato spazio televisivo a personaggi che si permettono di dire frasi come -meglio fascista che frocio-, oppure dove la Chiesa cattolica considera persone come noi un abominio, come se facessimo chissà quali orribli azioni.
e aggiunge
per avere diritti bisogna avere visibilità. Se io non esisto, non ti posso chiedere nulla.
Tutta la mia stima va poi a Mattia, addetto al recupero crediti, che nel suo lungo e complesso percorso di cambiamento ha scelto un nome ispirato dal celebre romanzo di Pirandello, proprio a dimostazione di come il cambio di sesso possa rappresentare una rinascita e, fortunatamente, una felicità ritrovata. Tutte le loro vicende sono strettamente intrecciate anche con i problemi legali e medici del cambio di sesso che, proprio per la loro complessità, minimizzano il rischio del -voler tornare indietro-.
In conclusione, questa sesta puntata del Testimone, che più di ogni altra mi ha incuriosito, dovrebbe essere servita a tutti i telespettatori per comprendere meglio un mondo troppo spesso lasciato da parte in un angolino. Il messaggio finale di Pif, in questo senso, è stato chiarissimo:
l’essere umano è complesso, e chi questo non lo capisce forse non riuscirà a capire qual è il bello della vita.
Grazie Pif, ancora una volta.