La notizia è di quelle che colpiscono: Horst Tappert, il celebre Ispettore Derrick della tivù, in gioventù vestì la divisa delle Schutz Staffeln, le SS naziste. A rivelarlo è il quotidiano teutonico Frankfurter Allgemeine Zeitung, con tanto di titoloni e dettagliati articoli.
Cos’è successo?
E’ successo che il sociologo Joerg Becker, durante le ricerche per un libro, ha scovato documenti compromettenti, in cui il nome dell’attore appare sia tra quelli d’una compagnia teatrale filo-hitleriana, sia tra quelli di una divisione di riserva della Wehrmacht.
Scandalo e stupore. Il lungimirante Horst non ne aveva mai fatto il minimo accenno. Si era prudentemente limitato a dire che la Seconda Guerra Mondiale l’aveva passata prima da sanitario, poi da prigioniero. E invece nein: a quanto pare era un granatiere delle SS. Adesso chi glielo spiega alle caterve di attempate fan dell’ispettore?
Nessuno. O meglio: c’è poco da spiegare, tutto sommato. Chissà quanti ce n’è di ex-nazisti attorno a noi (metaforicamente o meno). Lo sbalordimento, quindi, è comprensibile; lo sdegno, mah, forse meno. Si tratta, ahinoi, d’un discorso assai complesso: riguarda il fatto che nel 1940, in Germania, o eri nazista o eri morto. Non che ci fosse molto da scegliere. Alcuni, quindi, sceglievano di… eh, vogliamo dire “abbozzare”? O magari “nicchiare”? O anche “dissimulare”?
Dissimulare è un bel termine, dai. Sceglievano di dissimulare, ecco. Per portare a casa la pagnotta, aspettando che – come direbbe Eduardo de Filippo – passasse ‘a nuttata. Certo, voi potrete dirmi “Ma se non era davvero nazista, doveva ribellarsi! Doveva dire NO!”. E io vi do ragione, amici miei. Il punto è che nella vita, sfortunatamente, non tutti sono così intrepidi. Alcuni sono intrinsecamente viscidi, altri tengono famiglia, altri ancora non vogliono correre rischi, o accettano tristi compromessi pur di campare.
Horst Tappert un nazista. Chissà. Si fosse ribellato, non avremmo avuto l’Ispettore Derrick. E’ una giustificazione sufficiente? Probabilmente no. Però è qualcosa che dà da pensare, questo è certo: non possiamo mai davvero dire di conoscere chi ci sta accanto. Anche perchè spesso finiamo col non conoscere neanche noi stessi.