Una comedy che affronta un tema poco noto ai più ma che anche in Italia ha un suo seguito: Liberi tutti, la fiction di Raitre in onda dal 9 maggio 2020 (e disponibile su RaiPlay già dal 14 dicembre scorso), vede Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo -due degli autori di Boris- alle prese con il fenomeno del co-housing, ovvero quando un gruppo di persone decide di condividere alcuni spazi, come la cucina ed il giardino, abbattendo costi e rispettando l’ambiente. Un contesto in cui finisce il protagonista Michele (Giorgio Tirabassi), costretto ai domiciliari.
Ma da quante puntate è composto Liberi tutti? La serie tv è formata da dodici episodi da trenta minuti ciascuno, in onda su Raitre con due episodi per volta, ogni sabato sera, per sei settimane. Il finale di stagione, salvo cambiamenti di palinsesto, andrà in onda il 13 giugno.
Liberi tutti, la trama
Michele è un avvocato d’affari che conduce la sua esistenza senza curarsi più di tanto degli altri. Il suo obiettivo è condurre una vita il più comoda e lussuosa possibile, anche a costo di giocare sporco. Tutto ciò fino al giorno in cui viene beccato con 25 milioni di euro nel portabagagli dell’auto.
Una volta confermato l’arresto per esigenze cautelari, in mancanza di alternative, Michele finisce ai domiciliari in una “realtà” che non potrebbe essere più lontana da lui: il cohousing o condominio solidale “Il Nido”, fondato e gestito dalla sua ex moglie Eleonora.
Circa dodici anni prima, Eleonora (Anita Caprioli) e un gruppo piuttosto agguerrito di single, coppie e famiglie, guidato sia dalla necessità sia dall’ideale, organizzarono e portarono a termine l’occupazione di uno stabile abbandonato della Regione. E investendo risorse, passione e moltissimo lavoro lo hanno trasformato, attraverso un processo di autorecupero, in un cohousing perfettamente funzionante.
Il cohousing è un modello di coabitazione ecologico e solidale nato nei paesi del Nord Europa. “Il Nido” si autodefinisce il primo cohousing di Roma, ma la trasformazione sarà definitiva quando avrà ottenuto l’effettivo riconoscimento giuridico del nuovo status e la sospirata legalizzazione che trasformerà i cohouser in legittimi abitanti.
Quando Michele si trasferisce incombe, almeno apparentemente, il rischio di un’emergenza ambientale: l’area de “Il Nido” potrebbe avere dei valori di inquinanti superiori ai limiti di legge. Il che vuol dire rischio di sgombero urgente per motivi sanitari. E si sa cosa accade in questi casi: se si esce non si rientra più. Michele detesta “Il Nido” per una serie di motivi.
Trova la mentalità dei cohouser un insieme di melensi luoghi comuni solidaristici e odia dover giocare a carte scoperte con l’ex moglie e la figlia sedicenne Chiara (Ludovica Martino) che ha spesso trascurato. E non ultimo, è stata proprio questa nuova passione della moglie a determinare la fine del loro matrimonio. Tuttavia, va da sé, è pur sempre preferibile alla galera.
Appena Michele apprende dei problemi che la comunità sta vivendo, gli è subito chiaro che qualcuno sta brigando contro il cohousing per farli sgomberare. Glielo dice il suo fiuto allenato, anche se non ha elementi per capire chi sia. Michele decide di schierarsi al fianco dei cohouser, mettendo al servizio de “Il Nido” le sue capacità di navigato intrallazzatore.
Naturalmente lo fa soprattutto perché l’alternativa, ancora, è il trasferimento in carcere. Tuttavia “Il Nido” non solo ha bisogno di aiuto urgente, ma i cohouser si ostinano anche a chiedergli in tutti i modi di “impegnarsi”: collaborare, fare i “turni”, rispettare una serie di regole. Michele cerca ogni scappatoia per evitare i doveri, ma basta la mentalità dei cohouser –così fastidiosamente “bravi” e rispettosi– a rendergli la vita faticosa.
Ben presto sarà chiaro che il centro della vicenda è lo scontro ideologico tra Michele e l’intero cohousing, scontro in cui, per la verità, il nostro avvocato sembra decisamente vincente. E infatti a poco a poco riesce a insinuare i suoi modi e i suoi gusti in alcuni dei cohouser, a fare breccia con la figlia e a farsi degli alleati.
Ma Michele inizia a capire che ci si può impegnare con grande gratificazione anche in gruppo e per il gruppo. A “Il Nido”, però, non c’è solo questo scontro tra visioni opposte del mondo costrette a collaborare. Un altro aspetto ci viene rivelato quando scopriamo che il cohousing è in un certo senso “sotto ascolto”.
Infatti due agenti di polizia giudiziaria intercettano sistematicamente –con almeno una decina di “cimici” piazzate segretamente in tutta la struttura –i numerosi e prevedibili tentativi di Venturi di contattare i suoi sodali in affari. Sì perché la PM che indaga su di lui è decisa a scoprire tutta la rete di affari loschi cha fa capo al Nostro.
E in questa opera sistematica i due singolari intercettatori finiscono per ascoltare tutte le “storie” de “Il Nido”. E se ne appassionano, andando oltre il mero dovere professionale. “Liberi tutti” è lo slogan che accomuna tutti i nostri protagonisti: se lo dicono i cohouser alla fine delle interminabili assemblee, Michele potrebbe farne il sottotitolo della sua esistenza e gli intercettatori se lo ripetono a fine turno per comunicarsi il sollievo di staccare. Ma liberi da cosa? Definire la convivenza vuol dire definire il tipo di libertà che si cerca.