Ormai è ufficiale: questo è un Festival di Sanremo da record di ascolti. Io non me ne intendo e spesso mi distraggo mentre, a maglia, provo a terminare la sciarpa di lana per mio nipote (ve l’ho già detto che sta a Boston e che lì fa freddo? Piccino lui), però in sala stampa tutti gli addetti ai lavori, giornalisti, direttori (di Rai1 e non) lo sottolineano e ribadiscono ormai senza nemmeno più la reticenza d’obbligo per scaramanzia. Anche perché dopo 4 serate record di share (anche la quarta chiude con una media poco sopra al 51%) di che prudenza parliamo?
Il Festival del sig. Claudio (Baglioni, ndr) è non solo meglio di quello del sig. Carlo (Conti, ndr), ma per trovare rivali ci si deve raffrontare ad edizioni dello scorso millennio risalendo al 1999 o addirittura al 1995 in merito ad alcuni dati (come per esempio il record di share della fascia di età 15-24 anni -64,67%- o quello dei laureati che buca il muro del 50%). Visto da qui, dai banchi ai quali come tanti scolaretti siamo seduti nel Roof dell’Ariston, il sig. Teodoli (direttore di Rai1, ndr) sembra non crederci nemmeno lui mentre sciorina tra l’allibito e il compiaciuto queste cifre. E in effetti a Rai1 nessuno ci avrebbe scommesso un euro: voci di corridoio rubate al bancone del bar (lo so che fa brutto origliare le chiacchiere altrui, ma non ho potuto resistere) raccontano che la TV di Stato fosse pronta ad incassare un 42% di share e a salutarlo come un risultato meravigliosamente goloso.
A questo punto sorge una domanda: quale è la causa di questo esito sorprendente? Premettendo che la sottoscritta si intenda più di maglia e filati che di filosofia della tv, direi che la ricetta è riuscita perché lo Chef (Claudio Baglioni ndr) ha approntato un prodotto semplice ma efficacissimo: una sorta di enorme Karaoke. Canzoni nuove (dei Big), canzoni inedite dei Giovani e poi le canzoni dello stesso Claudio Baglioni, tutte insieme in una sorta di immenso mash-up che si allunga nella notte in orari villani per una signora della mia età.
Perché tutto si può dire (che gli interventi di chirurgia plastica maxillofacciale siano di opinabile gusto, che sul palco ciondoli in modo inquietantemente sospetto, che non sappia fare il nodo al papillon), ma certo nessuno può contestare la bravura del Direttore Artistico quando canta. Né si può avere alcunché da dire sulla bellezza dei suoi brani dei quali, essendone l’unico legittimo proprietario, è anche l’unico che può permettersi di giocarvi, rivisitando “Poster”, interrompendo per gioco “Questo piccolo grande amore”, condividendo in un duetto “Amore bello” con chi meglio gli compiaccia.
E così tutto il Paese, giovani e meno giovani, pubblico a casa e pubblico in sala, si mette a cantare a squarciagola ogni volta che uno di questi (immortali) pezzi viene intonato, travolto (anche questo sorprendente) da una sorta di unitario sentimento nazional popolare che tutti unisce, vicini e lontani. Aspettiamo quest’ultima (lunghissima) serata di karaoke per veder chi vincerà questa 68esima edizione.